Lettera aperta alla rubrica ‘Direttore ti scrivo…“
Caro Direttore,
in una recente intervista l’amico e filosofo Rocco Buttiglione ha detto che Papa Francesco pensa che il popolo cattolico si stia disgregando e che bisogna lavorare per ricostruire un popolo. Ed hanno proprio ragione, sia il Santo Padre che il filosofo Buttiglione, ove si considerino i continui “sbandamenti” di pezzi di questo mondo che continuano a registrarsi con una frequenza mai vista prima.
Certo anche nel passato ci sono state differenziazioni, addirittura contrapposizioni e contestazioni, persino nei confronti dei vertici della Chiesa, ma alcuni ambienti erano sempre rimasti saldi e fermi nella difesa e nell’affermazione dei principi evangelici ed hanno rappresentato, pur essendo minoranze, degli ancoraggi per tutto il resto della comunità cattolica.
Ma quando persino i vertici di associazioni laicali di carattere ecclesiale, che dicono di ispirarsi, di uniformarsi e di annunciare nella loro vita e, sopratutto, nell’economia e nella finanza, i valori della Dottrina sociale della Chiesa, tradiscono questo grande patrimonio di pensiero e di saggezza o perché non lo conoscono affatto o perché in mala fede per meschini interessi personali o aziendali, allora c’è veramente da preoccuparsi. Quando vengono a mancare questi residui punti di riferimento, il mondo cattolico è veramente allo sbando. Del resto da qui nasce anche la irrilevanza e la trascurabile consistenza di associazioni che proprio in questo momento storico potrebbero avere invece nel proprio ambiente di riferimento – quello dell’economia e della finanza – ampie e sterminate praterie per agire ed incidere nella realtà.
Sentiamo allora crollarci il mondo addosso e ci sembra di camminare sulle sabbie mobili – Caro Direttore – quando ci tocca sentire da parte di dirigenti apicali di associazioni di imprenditori che uno dei principi fondanti del magistero sociale cattolico – quella della partecipazione dei dipendenti alla gestione ed agli utili dell’azienda, peraltro prevista dagli articoli 46 e 47 della nostra Costituzione – non debba essere né citato e tanto meno applicato e realizzato nella propria azienda.
Questo significa che in certe aziende di esponenti di associazioni, che dovrebbero applicare la Dottrina sociale della Chiesa si fa poco o nulla per associare i lavoratori alla gestione, tenendoli fuori da ogni tipo di partecipazione, ma concedendo loro solo una certa “concertazione” e “rispettando la loro dignità”. Cioè si fanno solo chiacchiere e non si fa niente di veramente concreto.
Il che, naturalmente, fa parte della sacrosanta libertà di intrapresa che va rispettata e salvaguardata, perché ciascuno fa quello che ritiene opportuno nella propria impresa fin quando non vi sarà una legislazione cogente in questa direzione.
Quello che è invece inammissibile è che queste idee molto liberiste e neocapitalistiche si vogliano far valere all’interno delle associazioni che si dirigono, censurando persino articoli che sostengono il valore della “partecipazione”.
Voglio però pensare con benevolenza, che questo tipo di comportamento sia dovuto solo ad ignoranza – nel senso etimologico della parola – “di non conoscenza” del tema della “partecipazione” non conoscendo le numerose encicliche papali che perciò vogliamo brevemente ricordare anche in questa sede.
Tutta la dottrina sociale della Chiesa, dalla enciclica “Rerum Novarum” (1891) di Leone XIII («Allo scioglimento della questione operaia possono contribuire molto i capitalisti e gli operai medesimi, con istituzioni ordinate a porgere opportuni soccorsi ai bisogni e ad avvicinare ed unire le due classi tra loro».), alla “Quadragesimo Anno” (1931) di Pio XI («Stimiamo sia cosa più prudente che, fin dove è possibile il contratto del lavoro venga temperato alquanto col contratto di società, come si è cominciato a fare, in diverse maniere, con non poco vantaggio degli operai stessi e dei padroni. Così gli operai diventano cointeressati o nella proprietà o nella amministrazione, o compartecipi in certa misura, agli utili ricavati».), dalla “Mater ed Magistra” (1961) di Giovanni XXIII («Riteniamo che sia legittima nei lavoratori l’aspirazione a partecipare attivamente alla vita delle imprese, nelle quali sono inseriti e operano».), alla “Laborem Exercens” (1981) di Giovanni Paolo II («Le numerose proposte avanzate dagli esperti della dottrina sociale cattolica ed anche del supremo Magistero della Chiesa. Queste sono le proposte riguardanti la comproprietà dei mezzi di lavoro, la partecipazione dei lavoratori alla gestione e/o ai profitti delle imprese, il cosiddetto azionariato del lavoro, e simili». Dalla Centesimus Annus sempre di San Giovanni Paolo II, del 1ª maggio 1991 («Si può giustamente parlare di lotta contro una sistema economico inteso come metodo che assicura l’assoluta prevalenza del capitale, del possesso degli strumenti di produzione e delle terra, rispetto alla libera soggettività del lavoro dell’uomo. A questa lotta contro un tale sistema non si pone, come modello alternativo, il sistema socialista, che di fatto risulta essere un capitalismo di Stato, ma una società del lavoro libero, dell’impresa e della partecipazione. Essa non si oppone al mercato, ma chiede che sia opportunamente controllato dalle forze sociali e dallo Stato, in modo da garantire la soddisfazione delle esigenze fondamentali di tutta la società».), alla “Caritas in veritate” di Benedetto XVI, che contiene indicazioni precise per adottare forme di partecipazione del lavoratore e quindi elevare l’uomo a soggetto del lavoro. Infine quella parolina magica, “partecipazione”, la pronuncia anche Papa Bergoglio nella sua lettera (22 maggio 2014) a Guy Ryder – Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro: … “Il lavoro umano è parte della creazione e continua il lavoro creativo di Dio. Questa verità ci porta a considerare il lavoro sia un dono che un dovere. Il lavoro perciò non è meramente una merce, ma possiede la sua propria dignità e valore. (…) Impegnandoci per accrescere le opportunità di lavoro, affermiamo la convinzione che solo “nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita”, (Evangelicum gaudium, p.192) testo che richiama, la prima esortazione apostolica di papa Francesco, promulgata il 24 novembre 2013, ricorrenza della solennità di Gesù Cristo Re dell’Universo. (cfr. Anche gli atti del grande Convegno tenuto a Genova con il Presidente della Conferenza Episcopale, Angelo Bagnasco, nel corso del quale a favore della partecipazione dei dipendenti alla gestione ed agli utili dell’impresa si pronunciarono non solo la CISL, UIL ed UGL, ma anche Confindustria e CGIL).
Dopo questa breve carrellata di documenti del Magistero, voglio sperare, Caro Direttore – la speranza cristiana non deve mai abbandonarci – che qualcuno voglia quantomeno leggere e tenere conto di queste vere e proprie “prescrizioni” che non possono essere disattese proprio da chi dovrebbe essere il sostenitore, il messaggero, in una parola il “missionario” che sappia essere di esempio per il mondo non solo cattolico ma economico, sociale e politico.
Sopratutto non continui a praticare una fede “à al carte” che pare prevalere in Italia, come ha rilevato la recente indagine Euromedia Research pubblicata recentemente dal mensile “Il Timone”.
Grazie sempre per la cortese disponibilità e cordiali saluti.